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il “caso Danilo Quinto”
Verità e Menzogne
di Veronica Rasponi

Fonte: Corrispondenza romana n. 1229 del 15 febbraio 2012

        Danilo Quinto ha militato nel Partito Radicale dal 1986 al 2005 e vi ha ricoperto l'incarico di Tesoriere. Grazie alla moglie, si converte ed esce dal partito, chiedendo ovviamente quanto legalmente gli spetta per il servizio prestato, ma per tutta risposta, invece di pagare quanto dovuto, il partito lo denunzia per appropriazione indebita...

Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi
e quanto scritto nello spazio giallo sono gen
eralmente della Redazione

        Una improvvisa campagna di aggressione mediatica ha portato in questi giorni alla ribalta il nome di Danilo Quinto, condannato a dieci mesi per appropriazione indebita, su denuncia del Partito Radicale.
Quali sono le vere ragioni di questo linciaggio giudiziario e morale?
       
Danilo Quinto ha militato dal 1986 nel Partito Radicale, al cui interno ha ricoperto dal 1995 al 2005 l’incarico di Tesoriere. Oltre all’organizzazione di tutte le campagne elettorali e referendarie –rispetto alle quali ha gestito i rapporti con i fornitori, decidendo, per conto di Marco Pannella, spese
 
di rilevantissima entità– aveva la responsabilità di tutte le strutture del Partito.
       Promosse l’autofinanziamento, con una raccolta di denaro che in dieci anni superò i 25 milioni di euro e valorizzò i beni dell’area, con importi economici pari ad oltre 20 milioni di euro. L’insieme di queste attività, non solo fu condiviso dai dirigenti radicali nel corso di tutti questi anni, ma non una sola volta gli fu contestato alcunché rispetto all’esercizio della sua responsabilità. Accadde però qualcosa che segnò una svolta nella sua vita.
   
        Egli racconta che nel 2003 incontrò la donna che sarebbe divenuta sua moglie. Grazie a quest’incontro, iniziò la sua conversione. Si sposò in Chiesa e dopo quattordici mesi nacque suo figlio.
   
       Immediatamente, si sviluppò, all’interno di quel mondo nel quale era vissuto per vent’anni, un’opera di discriminazione e di isolamento psicologico e morale, che lo costrinse a rimettere il suo mandato al gruppo dirigente del Partito ai primi di luglio del 2005.
   
        Egli iniziò a rendersi conto di essere stato per venti anni al servizio di idee e di uomini profondamente immorali e volle raccontare la sua storia in un libro che ancora non trova editore, per i veli che solleva su fatti e persone coperti da “intoccabilità”. Iniziò poi a collaborare con testate cattoliche, bruciando pubblicamente gli idoli che aveva adorato.
   
        La testimonianza, che sempre si accompagna al pentimento, è il tratto distintivo delle vere conversioni. Oggi Danilo Quinto si dichiara consapevole di aver collaborato con il male per molti anni e la sua colpa, per i radicali, non è solo quella di essere convertito, ma proprio quella di non essere disposto a tacere su quello che ha visto e vissuto all’interno del mondo radicale: furie ideologiche, distorsioni e manipolazioni della realtà, ma anche sopraffazioni, abusi e forme di violenza ideologica e morale di ogni tipo.
   
        Questo spiega perché non solo sia stato negato a Quinto il riconoscimento dei suoi diritti di vent’anni di lavoro prestato nella forma occasionale, ma si sia innescato nei suoi confronti un processo di persecuzione giudiziaria e di intimidazione morale. Come negare d’altra parte il fatto che Marco Pannella e Emma Bonino, al di là della loro evanescente presenza politica, continuano ad esercitare un ramificato potere all’interno di gangli decisivi della società italiana: dai mass-media al’economia, dallo spettacolo alla magistratura?
   
        Danilo Quinto, che collabora regolarmente a “Corrispondenza Romana” e a “La Bussola Quotidiana”, scrive: “Solo oggi comprendo che tutto ho ricevuto da Dio e io, nella mia miseria, gli offro la mia unica ricchezza: il disagio, la vergogna, il dolore più intimo. Sono felice di poter soffrire insieme alla mia famiglia, ingiustamente condannato, perché ho la certezza di essere dalla parte del Vero, di non aver commesso alcun male, se non quello di aver vissuto lontano dalla grazia di Dio per vent’anni. Oggi, sono pronto a purificarmi, con la gioia, nel dolore, sapendo che non sono solo.
   
        Con me c’è Cristo, che mi ha condotto per mano: in Lui mi anniento, a Lui, lascio fare la mia vita. Come dice Pierfrancesco, mio figlio di sette anni: ‘Papà, diciamo una preghiera insieme anche per i nostri nemici’. Ogni volta, queste parole mi riempiono di gioia, perché non ho sentimenti di vendetta. So che Dio ha scelto per me questo percorso di purificazione. Per il mio bene. Io a Lui mi stringo e ringrazio”.
   
       Queste parole attestano che Danilo Quinto ha iniziato un cammino di doloroso ma necessario di riscatto del suo passato e merita perciò la solidarietà e il sostegno di chi ha sempre combattuto l’ideologia di morte e di dissoluzione del Partito Radicale di Marco Pannella.

Veronica Rasponi

   
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